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sabato 13 dicembre 2014

Storia dell'Europa n.1: dalla formazione della Terra a 2.500.000 anni fa

Europa sul dorso di Zeus con
le sembianze di toro.
Il nome Europa deriva dal greco antico Ευρώπη e può significare, da εὐρύς (eurus) "ampio" e da  eur-ope (εὐρύς e ὄψις), "ben irrigata" oppure "dalla larga faccia", attributo della dea lunare quando la luna è piena.

IL MITO
Hydria, vaso greco utilizzato per
trasportare acqua, ma anche come
urna cineraria o come contenitore
per le votazioni, del VI secolo a.C.,
col ratto di Europa che compare in
groppa al toro. Nike le porge delle
corone. Pittura a figure nere con
particolari a vernice rossa e bianca;
Museo Etrusco di Villa Giulia, Roma,
reperto proveniente da Cerveteri;
foto Sailko del 2017, da: https://
Nel poemetto "Europa", Mosco, autore siracusano e quindi di probabile stirpe Spartana del II-I sec a.C., narra di un sogno, mandato da Afrodite alla fanciulla Europa, in cui a questa appaiono due parti della terra, l'Asia e una regione senza nome, in forma di donne, che lottano tra loro, quando quella senza nome attira Europa verso di sé e le spiega di essere la terra che da lei prenderà il nome, per volere di Zeus. A partire dal V secolo a.C., il nome Europa designava l'intero continente europeo mentre in varie fonti precedenti con tale nome si indicava solo la Grecia continentale (Inno omerico ad Apollo 251, 291). 
Ratto di Europa del VI secolo
a.C. nel tempio Y di Selinunte,
in Sicilia; foto di G. Dall’Orto
del 2006, da: https://riviste.u
Il legame tra Asia e Europa, evidenziato nel sogno, è stato un motivo ricorrente dei miti fin dall'Iliade, dove si narra la leggenda in cui Europa, figlia di re Fenice (secondo l'Iliade) o del re fenicio Agenore, secondo autori posteriori (Agenore sarebbe stato l'eroe fenicio Chnas, che appare nel Genesi come Canaan, un figlio di Libia e di Poseidone che aveva lasciato l'Egitto per stabilirsi in Fenicia) e sorella di Cadmo, il fondatore della greca Tebe, giocasse un giorno con le compagne sulla spiaggia. 
Europa sul toro da Paestum, figura
rossa su un cratere, ampio vaso
usato nell'antichità classica per
miscelare e servire acqua e vino.
Firmato da Assteas, reperto del IV-V
sec a.C., Museo del Sannio,
Montersarchio, Benevento;
foto di Carlo Raso del 2017, da:
Avvicinata da Zeus sotto le sembianze di un giovane toro, bianco come la neve, dall'aria mansueta, ne rimase incantata e si mise a giocare con lui, adornandone le piccole corna con ghirlande e salendovi sulla groppa, venendo quindi subito rapita e condotta al di là del mare, sull'isola di Creta dove Zeus, rivelando la sua vera entità, tentò sedurla. Ma Europa gli resistette e fuggì, cosicché Zeus si trasformò allora in aquila e riuscì a sopraffarla, in un boschetto di salici o secondo altri, sotto un platano sempreverde. 
Vaso del IV-V sec. a.C, pittura a figure
nere con particolari a vernice rossa e
bianca del ratto di Europa, con
Europa in groppa al toro in corsa
e accanto una divinità marina;
foto Sailko del 2017 da: https://rivi
Questa narrazione è riprodotta sulle monete di conio greco da 2 €. Europa generò quindi Minosse, Radamanto e Sarpedone. Zeus la fece poi sposare con il re locale Asterio, il cui nome allude ad un'altra forma di Zeus, Zeus Asterios, dio degli astri. Europa può rappresentare quindi la dea Luna inseguita dal dio del cielo che l'otterrà. Europa era oggetto di culto in varie località di Creta, festeggiata con particolari cerimonie durante le Ellotie, così chiamate dal nome cretese e corinzio di Europa, Ellotis. 
Mosaico del ratto di
Europa, fine I sec, Museo
archeologico nazionale di
Aquileia; foto di Sebastià
Giralt del 2006 da: https:
Il richiamo alla luna è ben presente nel mito: Fenice è la forma maschile di Fenissa (che significa "la rossa"), attributo dato alla luna. Il nome di Europa poi, è forse riconducibile a eur-ope (εὐρύς e ὄψις), "dalla larga faccia", attributo della luna piena e rinvia alla dea-luna Demetra e all'Astarte di Sidone. Nella città micenea di Midea si sono ritrovate delle placche di vetro istoriato con una rappresentazione d'iconografia pre-ellenica in cui la sacerdotessa della luna galoppa trionfante in groppa al toro solare. L'immagine alluderebbe ad un'antica invasione ellenica di Creta e rappresenterebbe una cerimonia legata a riti di fertilità durante la quale veniva portata in processione la ghirlanda di Europa. Nella storia comunque, compaiono frequenti riferimenti a scambi intercorsi fra Oriente e Occidente, tra Asia e Europa, alludendo a commistioni tra popolazioni fenice e proto-elleniche. Secondo Esiodo (Teogonia 346-357), Europa, madre di tutti i corsi d'acqua, figlia di Oceano e Teti, era sorella di Asia e l'Iliade riconduce Europa al re fenicio Fenice.
Paolo Caliari detto il Veronese "Il ratto
di Europa", del 1580 con il particolare
del corteggiamento di Europa da parte
del toro. Sullo sfondo la discesa verso
il mare di Giove-toro con in groppa
Europa; Londra, National Gallery
Se si considerano le fonti, sembra vi fossero due Europa: una figlia del re di Fenicia e una Nereide, sorella di Asia. Nella mitologia greca, le Nereidi erano ninfe marine, figlie di Nereo e della Oceanina Doride, considerate creature immortali e di natura benevola. Facevano parte del corteo del dio del mare Poseidone, insieme ai Tritoni e venivano rappresentate come fanciulle con i capelli ornati di perle, a cavallo di delfini o cavalli marini. Secondo Kerényi, il fatto che Omero indichi quale padre della ragazza il personaggio eponimo dei Fenici, può significare che Minosse, il mitico re dei Cretesi, dal nome non-greco, dovesse essere noto nella tradizione greca come un orientale. Il mito di Europa può descrivere quindi una estrazione da tradizioni fenicie delle origini elleniche tebane, connesse e derivate da queste, testimoniate da una poesia epica che determinerà l'identità dei greci
Antonio Marziale Carracci
(1583-1618), "Il ratto di
Europa" del 1602; foto
del 2019, da: https://riv
La leggenda di Europa, presente in moltissimi autori antichi oltre che in varie rappresentazioni iconografiche antiche, sarà poi ripresa, anche se con significati diversi, in periodo medievale e soprattutto in età umanistica, dove sarà rappresentata in diverse arti figurative, spesso interpretata come la rappresentazione dell'anima che si volge a Dio. Mentre la trasformazione di Zeus in uccello fecondatore ricorda quando, con le sembianze di cuculo, aveva sedotto Era, il mito di Europa in groppa al toro potrebbe rievocare un'invasione di Creta, in cui il simbolo del toro era piuttosto diffuso nell'antichità, da parte di stirpi elleniche oppure scorrerie compiute da elleni di Creta in Fenicia, per quanto, il mito dell'ateniese Teseo che con l'aiuto di Arianna sconfigge il Minotauro, nel labirinto (il palazzo di Minosse, in cui erano raffigurate, oltre al toro, le labris, asce bipenne rappresentanti il potere giudiziario de re-despota) descrive una ribellione di Atene dalla dispotia minoica. Sappiamo infatti, da ritrovamenti archeologici, che Creta aveva assoggettato i territori del mare Egeo e probabilmente tutto il mediterraneo orientale. Secondo una visione astrologica, la rappresentazione del "toro" di quell'antica civiltà, succeduti alle grandi rappresentazioni di divinità orientali con corna d'ariete, potrebbe indicare eventi avvenuti durante l'era del segno del Toro, avvenuta dal 4.069 al 1.923 a.C., epoca in cui il punto vernale transitava in quel segno zodiacale. Per "La precessione degli Equinozi" QUI. Per quello che riguarda la raffigurazione delle corna di toro, nel periodo arcaico erano indubbiamente indice di divinità e quindi attributi degli dèi; la corona regale stessa supplisce alle corna.

GENESI
4 miliardi e 600 milioni di anni fa - Secondo le più recenti teorie scientifiche, nel contesto di un'universo che ora è ampio 13.500.000.000 di anni luce, ovvero lo spazio che la luce percorre in tali anni e che rivela quindi l'età stessa dell'universo, circa 4.600.000.000 di anni fa si formò un nuovo pianeta, la nostra Terra. Composta da materiale cosmico vagante prodotto dalle esplosioni del Sole che si era trasmutato in una stella "nova" e catturata dalla sua forza gravitazionale in un moto di rotazione intorno ad esso, si condensò e surriscaldò al punto che i metalli contenuti nelle rocce meteoriche di cui era composta si fusero, precipitando, per azione della forza vettoriale centripeta insita nella sue rotazione attorno a se stessa, nel suo nucleo. Questo nuovo nucleo di metalli fusi generò quindi, oltre ad una temperatura elevata, un potenziale gravitazionale elettro-magnetico che avrebbe permesso la formazione di un'atmosfera, una fascia soggetta alla sua attrazione al di sopra della crosta terrestre. L'acqua contenuta nei ghiacci dei meteoriti cosmici poté inserirsi nel ciclo delle piogge e delle evaporazioni e vi fu poi un'alternarsi di eruzioni di magma prodotto dalle alte temperature del nucleo che provocava vapori che oscuravano il sole, facendo abbassare la temperatura in superficie con conseguenti condensazioni delle acque che mutavano in ghiaccio e che, con nuove eruzioni, evaporava di nuovo e così via. Intanto, insieme all'acqua e a tutti gli altri elementi, dallo spazio giungeva anche la vita.

Carta degli eventi climatici e geologici, delle ere geologiche e glaciazioni,
con le forme di vita sulla Terra, dagli albori a 251.000.000 di anni fa.

-
 Sitchin propone una versione alternativa alla genesi del nostro pianeta. Zecharia Sitchin (Baku, 11 luglio 1920 - New York, 9 ottobre 2010), scrittore azero di origini ebree, racconta nel prologo del suo primo libro, "Il pianeta degli dei" del 1976: "...da giovane studente leggemmo nel capitolo VI che, quando Dio decise di distruggere l'umanità con il Diluvio universale, sulla Terra si trovavano "i figli delle divinità", che avevano sposato le figlie degli uomini. L'originale ebraico li chiamava Nefilim e l'insegnante ci spiegò che significava "giganti"; ma io obiettai: non significava letteralmente "Coloro che sono stati gettati giù", che sono "discesi sulla Terra"? Venni subito rimproverato, e mi fu intimato di attenermi all'interpretazione tradizionale. Negli anni seguenti, dopo che ebbi imparato le lingue, la storia e l'archeologia dell'antica regione corrispondente all'odierno Medio Oriente, i Nefilim divennero un'ossessione". Stimolato da queste curiosità e potendo accedere ad antichi scritti in cuneiforme e comprendendoli, si rese conto che lì molti episodi riportati dalla Bibbia erano trattati con più dettagli e più ampiamente, come se fossero stati i testi originali da cui il Vecchio testamento avesse tratto alcune parti, in particolare la Creazione, il Diluvio e i compiti assegnati dalle proprie maestranze ad Abramo, proveniente dall'antica città sumera di Ur.
Ingrandimento
del sistema solare
nel sigillo sumerico
VA243 conservato
nel Museo delle
civiltà mediorientali
di Berlino.
Sigillo cilindrico sumero VA243
al Museo delle civiltà Mediorientali
di Berlino, con la rappresentazione
del sistema solare eliocentrico
e una divinità che consegna un aratro
ad un astante. Da: https://www.la
Partendo dalla distinzione fra le acque sopra il cielo e le acque sotto il cielo e stimolato dal reperto sumero denominato VA243, ora al museo Mediorientale di Berlino, Sitchin si rese conto che i sumeri avevano rappresentato il sistema solare eliocentrico e con un numero maggiore di pianeti di quanti ne conoscessero i greci. Da lì elaborò una serie di teorie, non dimostrabili ma che spiegherebbero molti fenomeni altrimenti inspiegabili. Per quello che riguarda il nostro sistema solare, secondo Sitchin non stiamo considerando il pianeta chiamato Nibiru nei testi Sumeri e Marduk in quelli Babilonesi, che avrebbe un periodo di rivoluzione di circa 3600 anni. L'esistenza di corpi celesti oltre Nettuno, di grandi dimensioni è comunque tuttora oggetto di dibattito, specialmente dopo la scoperta di 90377Sedna, un oggetto transnettuniano di grandi dimensioni scoperto nel 2003 che già al momento della scoperta si trovava alla distanza più grande a cui un qualsiasi corpo celeste del sistema solare fosse mai stato osservato.
Sole, Mercurio, Venere, Terra con Luna, Marte con i suoi
satelliti, Cerere nella fascia degli asteroidi, Giove e i suoi
satelliti, Saturno e i suoi satelliti, Urano e i suoi satelliti,
Nettuno e i suoi satelliti, Plutone e i suoi satelliti, Haumea
e i suoi satelliti, Makemake, Eris e il suo satellite, fascia
di Kuiper con comete e asteroidi, nelle giuste proporzioni.
Sitchin affermava che in corrispondenza della fascia degli asteroidi fra Marte e Giove si sarebbe trovato anticamente un pianeta che i Sumeri chiamavano Tiamat, il pianeta delle acque, giustificabile con la Legge di Titius-Bode, formula empirica che descrive con buona approssimazione i semiassi maggiori delle orbite dei pianeti del sistema solare. Dalla disastrosa collisione tra Tiamat e Nibiru, narrata in forma epica come "battaglia degli dei nei cieli" nel poema sumero/babilinese Enuma Elish, sarebbe nata la Terra (in sumero, "Ki"), poi spinta nella sua orbita attuale da una successiva ulteriore perturbazione gravitazionale di Nibiru e l'attuale fascia degli asteroidi sarebbero i detriti rimasti da quell'antica collisione.

Da 4,5 miliardi di anni fa - Insieme ai meteoriti, dallo spazio iniziano a giungere sul nostro pianeta anche dei batteri estremofili. Nel 2001 i ricercatori del Cnr e dell'Università di Napoli, Bruno D'Argenio e Giuseppe Geraci, docenti di geologia e biologia molecolare, hanno scoperto all'interno di dieci meteoriti dei microrganismi il cui corredo genetico è leggermente diverso da quello delle circa 28 mila specie di batteri terrestri conosciuti. Questi organismi, molto simili ai batteri da noi conosciuti, sono stati trovati dentro meteoriti di 4,5 miliardi di anni, scoperta che dopo esami e cauti accertamenti potrà venire confermata. Gli studiosi dell’Università di Napoli e dell’Istituto Geomare del CNR, affermano che la probabilità che i campioni siano stati contaminati da batteri terrestri è molto bassa. Non si possono ignorare i dubbi che molti scienziati hanno sollevato dopo la rivelazione di queste scoperte, cioè che sia difficile affermare con certezza che i campioni di meteoriti non siano stati inquinati dopo essere caduti sulla superficie terrestre da batteri terrestri. Questi campioni, i "cristallomicrobi", hanno le stesse caratteristiche di altri batteri già conosciuti e molto studiati negli ultimi 40 anni: i batteri estremofili. Come dice la parola stessa, questi microrganismi sono capaci di vivere e riprodursi in condizioni ambientali che per la maggior parte degli organismi sarebbero proibitive. Alcuni di questi particolari batteri appartengono al gruppo degli archeobatteri, collocati nel tempo all’origine della vita sulla terra. I “Batteri alieni”, o “batteri extraterrestri” scoperti nei meteoriti conservati nel museo Mineralogico di Napoli sono stati clonati e si riproducono in abbondanza nelle provette dei laboratori dell’Università Federico II. Questi microrganismi dopo essere stati riprodotti, sono stati analizzati nel loro Dna ed è emerso un genere nuovo che non ha uguali con i 18 mila tipi di codice genetico finora conosciuti. Inoltre gli stessi tipi di batteri chiamati “cristallomicrobi” o “Cryms” sono stati trovati dai ricercatori campani anche in circa cinquanta campioni di rocce sedimentarie, ignee e metamorfiche, di minerali e altri materiali solidi naturali, alcuni datati 3,8 miliardi di anni e prelevati in diversi punti del nostro pianeta, sparsi in tutti i continenti. Gli studiosi hanno estratto dalle rocce i microrganismi che a contatto con una soluzione fisiologica, normalmente utilizzata nei laboratori di microbiologia, diventano visibili al microscopio e si riattivano. Quando i batteri riacquistano le loro capacità metaboliche vengono clonati e studiati.
Esempio di condizione estrema
per la vita: sorgente d'acqua
calda sulfurea.
batteri estremofili sono forme di vita microbiche che riescono a sopravvivere in ambienti estremi ed impraticabili, potremmo dire sterili, nel senso che nessun’altra forma di vita potrebbe svilupparsi. Nelle acque ad alta concentrazione salina si sviluppa bene Halobacterium salinarum, mentre il record di batterio più “salato” lo detiene Halophilic che è capace di vivere in acqua dove è presente il 30% di sale (ricordiamoci che l’acqua di mare contiene sale per il 3,5%). Anche le rocce che si trovano ad alcuni chilometri di profondità sono un habitat ideale: a 3,2 km. di profondità, nel sottosuolo, nei piccolissimi spazi interstiziali delle rocce vivono alcuni microrganismi capaci di tollerare livelli di pressione, di radiazioni e di calore elevatissimi. Mentre organismi appartenenti alla specie Bacillus infernus si trovano a 2.800 metri di profondità e alla temperatura di 75°C, lo Staphylothermus marinus colonizza ambienti sul fondo degli oceani dove le temperature raggiungono i 115 °C, per via del surriscaldamento da parte di magma. Al contrario la vita microbica rappresentata da Chroococcidiopsis e da Crypotendoliths vive in condizione ottimale fino a -15 °C, ma fra le rocce del continente antartico c’è chi tollera temperature di - 50 °C. Un’altra particolarità degli ambienti estremi è quella di essere caratterizzati da pH estremamente acidi o basici: il microrganismo più “basico” è Alkaliphic che vive in minerali alcalini con pH 11 depositati a seguito dell’evaporazione di gran masse d’acqua. Alcuni ricercatori americani hanno voluto studiare gli effetti di un’intensa radiazione solare nel vuoto dello spazio su alcuni microrganismi: il primo tentativo è stato compiuto dalla NASA proprio per osservare fino a che punto le radiazioni solari siano in grado di influenzare le cellule viventi. Come previsto, i raggi ultravioletti hanno danneggiare tutti i batteri ad un’altitudine di 320 km, a parte il Deinoccocus radiodurans, che vive normalmente nel suolo. La scoperta di questi microbi risale al 1950, quando alcuni studiosi, dopo aver messo a punto alcune tecniche di conservazione dei cibi, si sono accorti che era quasi impossibile ucciderli. S’ipotizza che questi intrepidi estremofili possano sopravvivere su altri pianeti dato che in condizioni sperimentali oltre che non aver paura delle radiazioninon temono le alte temperature, la disidratazione e neanche agenti chimici capaci di distruggere il DNA.

- La scala dei tempi geologici rappresenta un modo per suddividere il tempo trascorso dalla formazione della Terra, in continua evoluzione e condiviso dalla comunità scientifica internazionale L'organismo internazionale delegato alla formalizzazione geologica (quindi alla nomenclatura) di questa scala è la Commissione Internazionale di Stratigrafia, che presiede alla ratifica dei GSSP (Global Stratigraphic Section and Point), ossia Sezioni e punti stratigrafici globali, affioramenti rocciosi nei quali sia fisicamente presente un limite tra due età geologiche nei quali sia stato rinvenuto il maggior numero di informazioni fisiche, chimiche e paleontologiche su quel limite rispetto ad altri affioramenti contenenti anch'essi il medesimo limite stratigrafico.  
Una unità geocronologica è un intervallo di tempo corrispondente a quello durante il quale si è formato un insieme di rocce, corrispondente ad una unità cronostratigrafica, che è un insieme di rocce che si sono formate in un determinato periodo di tempo (unità geocronologica). Le unità cronostratigrafiche sono categorizzate in modo gerarchico e ad ognuna di esse corrisponde un'unità geocronologica e l'unità cronostratigrafica di base (dalla quale si parte per definire tutte le altre) è il Piano. Le unità cronostratigrafiche vengono definite allo scopo di associare la stratigrafia di una zona al tempo geologico in cui essa si è formata, in maniera da ricostruire una Scala Cronostratigrafica Standard da utilizzare a livello globale per le correlazioni tra rocce di località diverse.
          Unità                                    Durata temporale                                      Unità
Geocronologiche                        in Ma, Milioni di anni                         Cronostratigrafiche
Eone                                             500 Ma = mezzo miliardo               Eonotema - strati di roccia depositatisi
Era                                                molte centinaia di Ma                    Eratema - insieme di rocce formatesi
Periodo                                          da 22 a 80 Ma                              Sistema - stratotipi e loro sequenza
Epoca                                            decine di Ma                                 Serie - suddivisioni del sistema
Età                                                 da 2 a 10 Ma                                Piano - unità delle correlazioni interregionali
                                                                                                           Cronozone - cronostratigrafie formali     
il più antico                                    "primo" per il tempo                       "inferiore" per rocce e culture
nel tempo di mezzo                        "medio"                                         "medio"
il più recente                                  "tardo"                                          "superiore" per rocce e culture
Concettualmente ad ogni suddivisione di tempo della storia della Terra (l'unità geocronologica) corrisponde una suddivisione dei tipi di rocce formatesi (l'unità cronostratigrafica) e secondariamente gli organismi viventi, spesso estintisi al termine dell'Era geologica di appartenenza.
Per rocce si intendono gli aggregati naturali di minerali (corpi inorganici formati in seguito a processi spontanei). Tuttavia, al contrario di quest'ultimi, le rocce non possono essere espresse o definite mediante formule in quanto non presentano una composizione chimica omogenea e definibile. Le rocce sono fondamentalmente eterogenee, quindi costituite da più minerali ma ve ne sono anche omogenee, che contengono un unico tipo di minerale; in questo particolare caso la roccia si distingue dal minerale poiché manca di una regolarità chimica strutturale, in quanto vi sono presenti delle impurità.
- Le rocce ignee si formano quando il magma si raffredda nella crosta terrestre o la lava si raffredda sulla superficie del suolo o sul fondo del mare.
- Le rocce metamorfiche si formano quando le rocce esistenti sono soggette a pressioni e temperature così grandi da trasformarsi, cosa che si verifica, ad esempio, quando le piastre continentali si scontrano.
- Le rocce sedimentarie sono formate dalla diagenesi o dalla litificazione dei sedimenti, che a loro volta sono formati dall'erosione, dal trasporto e dalla deposizione delle rocce esistenti.
L'età della Terra è stimata in circa 4.570 milioni di anni (nella nomenclatura inglese, 4570 mya o, in "Ma", 4570 Ma). Il tempo geologico o "profondo" della Terra nella sua storia, è stato organizzato in varie unità, a seconda degli eventi che si sono succeduti in ogni periodo. Differenti livelli della scala temporale sono spesso delimitati da grandi eventi geologici o paleontologici, come le estinzioni di massa. Per esempio, il limite tra il periodo Cretacico e il periodo Paleogene è definito dall'evento dell'estinzione dei dinosauri e di molte specie marine. Altri periodi, precedenti le rocce contenenti fossili guida, sono definiti in età assoluta da età radiometriche.
L'unità di tempo più ampia definita è il supereone, costituito da Eoni. Gli eoni sono divisi in Ere, che sono poi rispettivamente suddivise in PeriodiEpoche ed Età. I paleontologi, relativamente ai cambiamenti delle associazioni fossili definiscono i piani faunali che li contraddistinguono, per cui molti di loro associano i tempi di questi piani faunali alla nomenclatura geologica, nonostante siano relative ad unità cronostratigrafiche.
L'Eone è la categoria di rango superiore nella suddivisione dei tempi geologici; il limite tra un eone ed il successivo avviene in corrispondenza di un cambiamento fondamentale nella storia degli organismi viventi. Gli eoni nella storia della Terra sono stati quattro:
- prima di 3.800 Ma (milioni di anni) fa l'Adeano (da Ade, l'inferno) o Azoico (senza vita), nel passato definito anche Precambriano o Archeozoico, l'unico non suddiviso in ere;
- tra 3.800 e 2.500 Ma fa l'Archeano o Criptozoico;
- tra 2.500 e 545 Ma fa il Proterozoico;
- da 545 Ma fa il Fanerozoico.
L'Era geologica è una suddivisone dell'eone nei tempi geologici, normalmente compresa tra due estinzioni di massa. Le ere geologiche sono (dalla più antica alla più recente): Eoarcheano, Paleoarcheano, Mesoarcheano, Neoarcheano, Paleoproterozoico, Mesoproterozoico, Neoproterozoico, Paleozoico, Mesozoico, Cenozoico. Più precisamente, un'era rappresenta il tempo trascorso durante la formazione delle rocce che costituiscono l'eratema corrispondente. Un'era appartiene a un determinato eone ed è divisa, al suo interno, in numerosi periodi.
Per quello che riguarda invece le suddivisioni riguardo alle rocce, i cui pionieri sono stati William Smith, Georges Cuvier, Jean d'Omalius d'Halloy e Alexandre Brongniart all'inizio del XIX secolo, probabilmente stimolati dalla nascita dell'archeologia, l'identificazione degli strati secondo i fossili in essi contenuti, rese possibile per i geologi dividere più precisamente la storia della Terra e correlare gli strati attraverso i confini delle varie nazioni (o continenti). Se due strati (comunque differenti per posizione nello spazio o composizione) contenevano gli stessi fossili, c'erano buone possibilità che potessero essersi depositati nello stesso tempo. Studi dettagliati tra il 1820 e il 1850 degli strati e dei fossili d'Europa produssero una sequenza di periodi geologici ancora oggi utilizzati. Il processo vedeva al centro degli sviluppi i geologi britannici, e i nomi famosi in quel periodo, in tal senso, riflettono quella situazione. Il “Cambriano” (da Cambria, il nome latino per il Galles), l'"Ordoviciano" e il "Siluriano", che prendono il nome da tribù gallesi, sono periodi geologici nominati ispirandosi alla sequenza stratigrafica del Galles. Il “Devoniano” era il nome della contea inglese del Devon, e il nome “Carbonifero” è semplicemente un adattamento delle “Coal Measures”, l'antico termine che i geologi inglesi usavano per definire lo stesso concetto di strato. Il “Permiano” era nominato con riferimento a Perm', in Russia, poiché fu definito sugli strati di quella regione dal geologo scozzese Roderick Murchison. Comunque, alcuni periodi furono definiti dai geologi anche di altre nazionalità. Il “Triassico” fu definito nel 1834 dal geologo tedesco Friedrich Von Alberti a partire da tre distinti strati (dal latino trias, “triade”).

- I primi batteri che si formarono sulla Terra furono gli estremofili, archeobatteri che vivevano in habitat caratterizzati da condizioni estreme (elevata salinità, bassa concentrazione di ossigeno, alta temperatura e valori estremi di pH) ed appartenevano alla divisione degli archeobatteri, le cui caratteristiche, oltre alla primordialità e alla resistenza, era quella di essere cellule procariote. Ogni cellula può esser definita come un'entità chiusa ed autosufficiente: essa è infatti in grado di assumere nutrienti, di convertirli in energia, di svolgere funzioni specializzate e di riprodursi se necessario. Per fare ciò, ogni cellula contiene al suo interno tutte le informazioni necessarie. Le cellule si distinguono in due tipi: procariotiche, prive di nucleo vero e proprio e della membrana che lo separa dal citoplasma ed eucariotiche, cioè dotate di membrana che separa il nucleo vero e proprio dal citoplasma. Sono tendenzialmente più grandi ed organizzate delle cellule procariotiche e pur comparendo anche in organismi monocellulari (noti come protisti), sono caratteristiche degli organismi multicellulari. Le cellule procariote (pro = prima e kàryon = nucleo) sono cellule prive di un nucleo ben definito e delimitate dalla membrana cellulare; rispetto alle cellule eucariote non possiedono organuli eccetto i ribosomi, hanno una struttura interna molto semplice e non possedendo un nucleo, il loro DNA è sparso nel citoplasma in una regione interna della cellula chiamata nucleoide. Si riproducono per scissione binaria.
Cellula procariotica, significati
delle cifre: 1.capsula batterica,
2.parete cellulare, 3.membrana
citoplasmatica, 4.citoplasma,
5.ribosomi, 6.mesosoma,
7.nucleoide (DNA), 8.flagello.
Le loro dimensioni sono dell'ordine di pochi micrometri (μm), ma possono variare dai circa 0,2 µm dei micoplasmi ai 30 µm di alcune spirochete e oltre. Un micrometro (simbolo: µm, in passato era usata la dizione micron) corrisponde ad un milionesimo di metro (cioè ad un millesimo di millimetro). Un micrometro equivale a 1 000 nanometri (nm). L'interno della cellula procariota non è suddiviso in organuli da membrane, anche se alcune funzioni metaboliche, come la respirazione e la fotosintesi, sono associate ad invaginazioni e ripiegamenti della membrana cellulare, chiamati mesosomi. Il genoma cellulare è più semplice di quello delle cellule eucariote ed è costituito da una sola molecola circolare di DNA, a cui si aggiungono eventuali repliconi autonomi, molecole di DNA che vengono replicate dall'apparato metabolico della cellula che li ospita ma non fanno parte del genoma standard di quella specie. È assente la membrana nucleare. Il citoplasma delle cellule procariote contiene il DNA e i ribosomi 70 S, che sintetizzano le proteine. La parete cellulare, se presente, può essere composta da una sostanza caratteristica denominata peptidoglicano. Esternamente alla parete cellulare ci può essere uno strato più spesso e meno rigido, detto capsula. Esempi di organismi formati da cellule procariote (tutti unicellulari) sono: i batteri, le alghe azzurre (chiamate anche cianoficee o alghe verdi-azzurre o cianobatteri) e gli archeobatteri. Se consideriamo le caratteristiche dell’ambiente nel quale vivono, gli archeobatteri presentano molte caratteristiche comuni, dalla composizione della loro parete cellulare e dalla sequenza delle basi del loro RNA. Gli archeobatteri possono essere distinti in tre gruppi: 1) i termoacidofili, che prediligono condizioni di elevata temperatura e pH acido. Colonizzano ambienti dove pochi altri organismi sono in grado di sopravvivere. Il Solfolobus è un tipico rappresentante di questo gruppo di batteri che vive in prossimità di sorgenti sulfuree calde con temperature di 70-75°C e non sono in grado di sopravvivere sotto i 55°C. Ma questo batterio è anche capace di mantenere un pH interno vicino a 7, trovando ottimale per la sua crescita un ambiente acido con valori compresi tra 2 e 3. Nelle solfatare dei Campi Flegrei a Pozzuoli (Napoli) sono stati scoperti alcuni archebatteri di questo tipo: Bacillus acidocaldarius e Sulfolobus solfataricus; 2) i metanogeni, procarioti che vivono in assenza di ossigeno e utilizzano la reazione che porta alla produzione di metano, partendo dall’anidride carbonica come passo chiave del loro metabolismo. Un genere, il Methanopyrus, vive sul fondo dell’oceano vicino alle fratture vulcaniche e cresce a valori ottimali compresi in un intervallo di 110-84°C; 3) gli alofili stretti, che vivono solo in ambienti estremamente salati dove pochi altri organismi potrebbero vivere, poiché si disidraterebbero fino alla morte. Alcuni di questi batteri trovano un ambiente ideale di vita nel Mar Morto, dove la concentrazione salina è di circa 10 volte superiore a quella degli altri mari (340g/l). Alcuni archebatteri alofili, amanti del sale, colorano di rosso le acque cristallizzate delle saline. Diverse specie di batteri tutti appartenenti alla famiglia delle Halobacteriaceae sono responsabili di queste colorazioni rosso-rosacee perché contengono nelle membrane cellulari dei pigmenti che derivano dal beta-carotene. Questi gruppi vengono studiati con attenzione perché sono potenzialmente utili in campo biotecnologico sia per produrre carotenoidi, sia per individuare enzimi attivi in soluzioni saline molto concentrate.

3,5 miliardi di anni fa - Iniziano a generarsi archeobatteri autoctoni del nostro pianeta, che originano così la vita sul nostro pianeta. Gli archeobatteri sono cellule procariotiche, il più antico e numeroso gruppo di organismi presenti sulla Terra. I primi fossili rappresentativi datano 3,5 miliardi di anni fa e queste antiche tracce indicano che era presente una considerevole diversità tra i procarioti anche nel periodo archeano. Questi organismi regnarono sulla Terra per più di 2 miliardi di anni adattandosi ai nuovi ambienti e ai cambiamenti che di volta in volta si verificavano e si sono diffuse in ogni habitat immaginabile sul pianeta, colonizzando anche altri organismi.
Probabile scenario terrestre
di 3,5 miliardi di anni fa.
Oggi i procarioti sono diversi rispetto a quelli di 3,5 miliardi di anni fa e rappresentano il prodotto attuale di molte linee di evoluzione indipendenti che si sono separate da centinaia di milioni di anni. Infatti a partire da una comune eredità procariotica, le diverse linee hanno seguito vie di evoluzione separate e ognuna di esse si è adattata alla maggioranza dei cambiamenti dell’ambiente con un risultato tale che la diversità all’interno di ciascuna linea è maggiore rispetto alle differenze verificabili nell’ambito di altri regni. Il gruppo dei procarioti comprende i batteri, organismi unicellulari, privi di nucleo e di altre strutture citoplasmatiche tipiche delle cellule eucariote. Una delle ultime teorie che si sono diffuse sulle origini della vita è stata pubblicata sulla rivista "Nature" dal biologo molecolare James A. Lake. I suoi studi di genomica (la scienza del mappaggio, sequenziamento e analisi dei genomi, cioè dell'intero contenuto di DNA) gli hanno permesso di formulare un’ipotesi che compie un ulteriore passo avanti rispetto a quanto conosciuto fino ad ora sull’argomento. Da un punto di vista tassonomico basato sulla natura della parete cellulare, i procarioti si distinguono in 4 divisioni: gli archeobatteri, i batteri gram-positivi, i batteri gram-negativi e i micoplasmi.

Il susseguirsi delle ere geologiche nel tempo.
- Poi, secondo gli evoluzionisti, l'evoluzione seguirà il suo corso attraverso le ere geologiche.

- Una nuova teoria spiega come la primordiale  atmosfera terrestre sia divenuta ricca d'ossigeno. "Il rilascio di enormi quantità d'idrogeno gassoso durante il primo stadio dell'evoluzione della nostra atmosfera, potrebbe costituire il motivo principale dell'odierna ricchezza d'ossigeno" riferiscono gli scienziati dell'Ames Research Center della NASA. "Senza ossigeno, le forme di vita più avanzate sulla Terra sarebbero state le schiume batteriche verdi", osserva David Catling, autore dello studio. Fortunatamente alcuni batteri che abitavano gli oceani primordiali divennero capaci di separare l'acqua in idrogeno ossigeno". In verità, questa separazione avviene ancora oggi negli organismi fotosintetici. Utilizzando l'energia irradiata dal Sole, questi scindono le molecole d'acqua e utilizzano l'idrogeno per sintetizzare composti organici come i carboidrati e rilasciano l'ossigeno come prodotto di scarto della reazione. La squadra di Catling sostiene che attraverso un processo chiamato fotolisi del metano, i composti carboidrati (ricchi di idrocarbonio gassoso) hanno reagito con l'ossigeno liberando gli atomi d'idrogeno, che si sono quindi dispersi nello spazio. Se quest'ipotesi fosse corretta potrebbe spiegare perché la Terra primitiva rimase abbastanza calda (per l'effetto serra provocata dall'idrogeno) da permettere lo sviluppo della vita.

3 miliardi di anni fa - Il sole era un quinto meno brillante rispetto ad oggi. Così osserva Catling, "...la Terra avrebbe dovuta essere congelata". Il metano è un potente gas serra e secondo la teoria dello scienziato, la sua concentrazione nell'atmosfera era dalle cento alle mille volte superiore a quella odierna.

2 miliardi di anni fa - La fusione di protobatteri (antichi microrganismi unicellulari fotosintetici) con alcuni archebatteri abbia dato origine al primo essere procariota multicellulare. Questa teoria attribuisce agli archeobatteri un ruolo importante, che prima non era mai stato intuito, nel passaggio evolutivo dagli esseri unicellulari a quelli più organizzati multicellulari.

1 miliardo di anni fa - Alcuni procarioti invasero organismi affini (o da questi furono inglobati) e stabilirono un rapporto parassita-ospite (o preda-predatore). Questo tipo di rapporto si è stabilizzato nel corso dei tempi evolutivi e ha dato probabilmente origine ai protisti, caratterizzati da cellule eucariote dotate di un vero nucleo

Carta degli eventi climatici e geologici, delle ere geologiche e glaciazioni,
con le forme di vita sulla Terra, da 251.000.000 a 2.588.000 di anni fa.

40 milioni
di anni fa - Nell'Eocene, secondo la teoria evolutiva dell'origine umana, gli antenati del genere umano, che facevano parte del grande gruppo delle Scimmie dette scimmie del vecchio mondo o catarrine, si separarono dalle scimmie platirrine o scimmie del nuovo mondo.

35 milioni di anni fa - Secondo gli organi ufficiali della comunità scientifica INIZIA (fino a 3 milioni di anni fa) L'EVOLUZIONE UMANA. Nell'assestamento della crosta terrestre, si comincia a produrre una lenta separazione fra la placca tettonica africana e quella araba seguita, 15 milioni di anni fa, dalla separazione fra la placca africana orientale e quella occidentale asiatica, originando così, a sud del Mar Rosso, la  Great Rift Valley, che attraversa gli attuali stati di Etiopia, Kenya e Tanzania. L'assottigliamento della crosta terrestre dovuto all'allontanamento delle placche tettoniche, ha comportato la comparsa di fenomeni vulcanici. Nella parte più meridionale del mar Rosso, la faglia fra Africa ed Asia si dirama in due direzioni diverse, verso est e verso sud-sudovest. La zona della diramazione è chiamata il triangolo di Afar (la parte arancione nella figura a sinistra) o depressione di Danakil, nell'attuale Etiopia: è il punto geologico in cui le placche tettoniche si dividono e tendono ad allontanarsi tra loro, caratterizzato da un'intensa attività vulcanica.
Carta con la Great Rift Valley, Valle
della Grande Falla o Grande fossa
tettonica.
Nell'immagine qui a lato, ogni triangolino rosso è un vulcano. La diramazione verso est forma il golfo di Aden e da questo punto in poi questa faglia della Rift Valley, inabissandosi, continua come parte della dorsale oceanica asiatica. La diramazione africana verso sud-sudovest è spesso indicata come Great Rift Valley e divide gli altopiani etiopici in due parti. Più a sud, la faglia si divide a sua volta in due, un ramo a oriente e uno a occidente. La faglia occidentale, chiamata anche faglia albertina è delimitata da alcune delle montagne più alte dell’Africa, incluse le montagne di Viruga, Mituba e Ruwenzori e contiene i grandi laghi africani tra i più profondi del mondo, come il lago Tanganica, profondo fino a 1.470 metri e il lago Vittoria, considerato parte del sistema della faglia occidentale, anche se in realtà è posizionato tra le faglie orientale e occidentale. Sette milioni di anni fa, a causa dell'intensa attività vulcanica lungo la faglia tettonica, avvenne l'innalzamento della Great Rift Valley e creandosi così una barriera per i venti carichi di piogge provenienti dall'oceano indiano che impediva la circolazione di aria umida. Il clima sull'altipiano e sulla costa si fece più caldo e secco e quell’ambiente si inaridì, provocando così due panorami  molto diversificati:
Tupaia di Java.
1) la foresta tropicale, che sopravvisse a ovest della Rift Valley, lungo i grandi fiumi dell'Africa centrale; 2) fra le faglie meridionali della Rift Valley e la costa dell'est, la primitiva foresta tropicale si trasformava in savana e prateria. Questo fenomeno favorirà così, 7 milioni di anni fa, la comparsa del genere "homo", almeno secondo la teoria evolutiva dell'origine umana.

25 milioni di anni fa - Nel Miocene, i più antichi animali simili ai progenitori degli attuali primati, gruppo a cui appartiene anche l'uomo, si possono riconoscere nelle tupaie, ora considerate appartenere ad un ordine a sé stante (gli scandentia) e nei lemuri volanti o galeopiteci.

Lemure volante o galeopiteco
delle Filippine o Colugo delle
Filippine (Cynocephalus
Volans). Vive nelle foreste e
nelle montagne delle
Filippine del sud.
20 milioni di anni fa - Nel Miocene inferiore, all'interno di questo gruppo gli antenati degli Hominidae si differenziarono, separandosi poi dai pongini, arboricoli e frugivori.

Da 9.000.000 a 7.000.000 di anni fa - Frido Welker, dell'Università di Copenaghen, ha affermato che col suo team, utilizzando una tecnica nota come spettrometria di massa, ha ricostruito le sequenze di Dna dallo smalto dentale dei resti di H. antecessor, per determinarne la posizione nella storia della nostra eventuale evoluzione. Ha annunciato che i lignaggi umani e scimmieschi si sono separati tra i 7 e i 9 milioni di anni fa e che gran parte di ciò che sappiamo oggi si basa sullo studio del Dna antico e sulle osservazioni della forma e della struttura fisica dei fossili rinvenuti.

7.000.000 di anni fa - Da dati paleontologici e biomolecolari, si stima che avvenne la divergenza genetica di scimpanzé e bonobo (a noi più simili), dalle altre scimmie antropomorfe, i cui discendenti sono ancora viventi. Con l'innalzamento, provocato dall'attività vulcanica, della Rift Valley, si era creata una barriera ai venti carichi di piogge provenienti dall'oceano indiano che da allora deviarono il loro percorso e quindi i nuovi altopiani etiopici orientali si inaridirono a causa del nuovo clima, più caldo e secco. Si diversificarono quindi i fattori climatici fra l'ovest della Rift Valley, lungo i grandi fiumi dell'Africa centrale, in cui la foresta tropicale continuava a prosperare e le faglie del sud con la costa orientale, in cui la primitiva foresta tropicale si trasformava in savana. La popolazione delle protoscimmie africane si trovava perciò ad essere geograficamente separata dal Rift in due sottopopolazioni: quella nel versante ovest, che era rimasto lussureggiante e in cui le protoscimmie si sarebbero riprodotte, precorrendo le moderne scimmie antropomorfe e le protoscimmie intrappolate sull'altopiano, dove un lento ed inesorabile inaridimento trasformava l'ambiente in savana e praterie, che si sostituivano alle precedenti foreste tropicali. Il nuovo clima non permetteva più a quegli animali di avere a disposizione alberi su cui vivere e la deambulazione eretta su due zampe diventò quindi indispensabile per poter tenere d'occhio lo spazio intorno e non era certamente sicura come saltare, ben al di sopra del terreno, da un ramo d'albero all'altro. D'altro canto rimanevano libere le mani, disponibili a utilizzi diversi dalle zampe posteriori, destinate al camminare e correre. In questa circostanza di profonda crisi, vi fu il grande salto evolutivo per cui queste protoscimmie, adattandosi a condizioni ambientali nuove e difficili, quali la scomparsa della foresta sostituita dalla savana africana, elaborarono nuove soluzioni per nuovi problemi:  secondo gli evoluzionisti tale risposta permise la comparsa e l'affermazione del genere "Homo", proprio in virtù della conquista della postura eretta.

4.000.000 di anni fa - A questo punto la superficie del pianeta era abbastanza simile a quella attuale e secondo gli evoluzionisti, i nostri antenati fecero la loro comparsa. Il gruppo dal quale emergerà la nostra specie è quello degli Australopitechi, un ramo dei quali a partire da circa quattro milioni di anni fa diede origine a diverse specie ed ai progenitori del futuro nuovo genere Homo.

3.200.000 anni fa - E' la datazione del reperto paleoantropologico denominato "Lucy", ritrovato in Africa  ad Hadar, nel triangolo di Afar in Etiopia, nei territori della Rift Valley, il 24 novembre 1974, dai paleontologi Yves Coppens, Donald Johanson, Maurice Taïeb e Tom Gray. Quel reperto di un esemplare femmina dell'età apparente di 18 anni di una nuova specie di Australopitecus, vissuta circa 3,2 milioni di anni fa (nel Piacenziano) e denominato scientificamente Australopithecus afarensis, quando fu scoperto suscitò molto scalpore anche tra i non addetti ai lavori poiché la notizia venne diffusa anche nelle terze pagine dei normali quotidiani: si pensava di trovarsi di fronte alla "prima madre" Eva, la madre di tutti i viventi, poi la notizia fu ridimensionata e ci si rese conto che Lucy era sì un ominide, ma di specie diversa da quella umana, in quanto era escluso, per quel tipo di ominide, l'utilizzo di utensili.  rinvennero i resti . Al fossile venne dato il nome di Lucy, in onore della canzone, del 1967, "Lucy in the Sky with Diamonds" dei Beatles, brano che abbinava ad un testo psichedelico, l'acronimo LSD, dalle lettere maiuscole del titolo. I resti comprendevano circa il 40% dello scheletro (52 ossa). Particolarmente importanti l'osso pelvico, il femore e la tibia, perché la loro forma lascia pensare che questa specie fosse già bipede. Era alta circa 1,07 metri, piuttosto piccola per la sua specie, e pesava probabilmente tra i 29 e i 45 kg. Aveva denti simili a quelli umani, ma il cranio era ancora scimmiesco, con una capacità tra i 375 e i 500 cm³. Morì sulle rive di una palude, probabilmente di sfinimento e fortunatamente nessun predatore se ne cibò disperdendone le membra, così che il corpo, sommerso dal fango, si è fossilizzato nel corso dei millenni fino a diventare roccia. 

3.000.000 di anni fa - Secondo gli organi ufficiali della comunità scientifica termina l'EVOLUZIONE umana e inizia la PREISTORIA (fino al 10.000 a.C.). Il gruppo degli Australopitechi genera due rami evolutivi fondamentali che perdureranno per circa 2.500.000 anni, diversificandosi ecologicamente. Di tre milioni di anni fa è la datazione del reperto paleoantropologico denominato Australopithecus robustus. Al ramo evolutivo un tempo definito gracile, per la struttura ossea meno massiccia dei suoi appartenenti, si pensa come il più probabile ceppo da cui discenda la specie Homo, secondo gli evoluzionisti.

Da 3 a 1,6 milioni di anni fa - Data a cui risalgono più reperti di un medesimo tipo, l'Australopithecus africanus.

2.580.000 anni fa - Si considera l'inizio dell'Era geologica del Neozoico o Quaternario, di cui la prima Epoca è il Pleistocene e il primo Piano, per gli archeologi, è il Gelasiano. Con l'introduzione della tecnologia litica da parte degli ominidi, inizia anche una cultura litica, che nella sua prima fase prende il nome di Paleolitico inferiore.

Carta degli eventi climatici, tipi di ominidi e loro culture
nelle epoche e piani del Quaternario.

L' Homo abilis africano, presunto
antenato dell'Homo Erectus.
2.500.000 anni fa - A questa data, all'inizio del Pleistocene, risalgono sia i primi ominidi della specie Australopithecus Garhi che l'Homo habilis, il primo appartenente al genere Homo, il cui olotipo (esemplare su cui si basa la descrizione originale della specie) è il fossile OH 7 trovato da Jonathan Leakey, il 4 novembre 1960, nella Gola di Olduvai, in Tanzania, nella regione dei laghi africani. Coprotagonista della cultura Olduvaiana, è convinzione scientifica che per un certo periodo l'habilis, che pare aver convissuto con varie specie di australopitechi, con l'Australopithecus Garhi abbia condiviso il primato della produzione e utilizzo di strumenti litici. Homo habilis possedeva abilità manuali e coniugava intelletto con l'uso delle mani. Misurava poco più di un metro di altezza, aveva braccia lunghe come quelle di "Lucy" (Australopithecus afarensis). La caratteristica di questo gruppo di ominidi, ritenuti più socievoli degli australopitechi, sarebbe stata la condivisione e consumazione dei cibi insieme al gruppo di appartenenza. È comunemente accettato che l'Homo habilis avesse una significativa capacità di comunicazione, anche se il suo osso ioide (si trova alla radice della lingua, a livello della terza vertebra cervicale) e la struttura delle sue orecchie non erano in grado di supportare un linguaggio parlato. E' all'incirca in questa data quindi, che si iniziano ad utilizzare i primi utensili per produrre manufatti e armi. L'uso di utensili non è in assoluto una prerogativa della sola specie umana, ma solo l'uomo sarà in grado di procedere oltre, creando con tali strumenti, altri strumenti per creare ulteriori strumenti, in un circolo virtuoso. Nasce quindi un'industria litica preistorica chiamata Paleolitica, il cui periodo più antico è il Paleolitico inferiore.

Tabella del Paleolitico nelle sue fasi temporali.

Tabelle con le informazioni sul Paleolitico inferiore.


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